Le tensioni geopolitiche rimangono sullo sfondo ma sono uno dei principali fattori che possono influenzare le decisioni dei tassi di interesse delle banche centrali in tutto il mondo. Queste tensioni si manifestano attraverso una serie di eventi e dinamiche internazionali che possono avere impatti significativi sull’economia globale e sulle aspettative di inflazione, produzione e crescita economica.

Si pensi solo al caso Taiwanese, assediato e tenuto sotto pressione dalla Cina che vuole riportare sotto il suo controllo la “provincia ribelle” che da solo produce il 60% della produzione mondiale di microprocessori, i famosi chip senza i quali ormai più nulla si muove. Oppure agli attentati nel canale di Suez che costringe le navi commerciali a circumnavigare l’Africa doppiando il capo di Buona Speranza con aggravio di tempo e costi, non solo di carburante ma anche di assicurazione che inevitabilmente ricadono sul consumatore finale

Uno degli impatti principali delle tensioni geopolitiche sulle decisioni dei tassi di interesse delle banche centrali è attraverso il canale dell’incertezza. Le tensioni geopolitiche possono aumentare l’incertezza economica, influenzando le prospettive di crescita e di inflazione. Proprio di fronte a un aumento dell’incertezza, le banche centrali stanno mostrando un atteggiamento più cauto nel modificare i tassi di interesse, preferendo adottare un approccio di “attendere e vedere” per valutare meglio l’impatto delle tensioni geopolitiche sull’economia nazionale.

Inoltre, le tensioni geopolitiche possono influenzare i flussi di commercio internazionale e gli investimenti esteri diretti, creando pressioni sui tassi di cambio e sull’equilibrio dei pagamenti di un paese. Le banche centrali possono rispondere a tali sviluppi regolando i tassi di interesse per mantenere la stabilità economica e finanziaria.

Nonostante l’incremento della tensione internazionale i prezzi delle materie prime quasi inspiegabilmente non presentano particolari ripercussioni, in particolare sul prezzo del Petrolio rimasto abbastanza sotto controllo anche per via della forte produzione americana legata allo “shale Oil”.  Sembrano pertanto lontani i ricordi degli inizi degli anni ’70 quando proprio l’inizio della guerra tra Israele ed Egitto portò al rialzo record del prezzo del petrolio che bloccò gran parte delle economie occidentali e di fatto mese fine alla crescita economica partita nel dopo guerra.

In alcuni casi, le tensioni geopolitiche possono portare a shock economici improvvisi e significativi, come interruzioni nella fornitura di petrolio o nelle rotte commerciali chiave. In tali circostanze, le banche centrali possono essere costrette a intervenire rapidamente per stabilizzare l’economia e mitigare gli effetti negativi sui mercati finanziari e sull’attività economica.

Mentre le borse segnano record quotidiani spinte dall’interesse per una tecnologia innovativa come l’intelligenza artificiale, sullo sfondo rimangono una serie di problematiche legate a conflitti più o meno locali che potrebbero essere la variabile impazzita all’interno di un contesto positivo caratterizzato da una forte propensione al rischio degli investitori come ben rappresentato dal ritorno sui massimi assoluti del Bitcoin da sempre considerato come l’assett più speculativo.

Ed evidenziano come la situazione attuale sia quella di un mondo alla ricerca di nuovo equilibrio dopo la guerra fredda, il crollo del muro di Berlino e la formazione di una nuova Europa unita. Con la formazione di nuovi due mondi contrapposti tra democrazie in grande difficoltà al loro interno e regimi autoritari che non vanno troppo per il sottile per approfittare della stanchezza americana.

L’invasione della Ucraina ha di fatto contribuito a cambiare le carte in tavola in particolare costringendo la vecchia Europa a guardarsi allo specchio ed agire dopo aver vissuto 70 anni “da pacifista” grazie all’ombrello di difesa americano.

Le banche centrali (questa settimana è il turno della Bce ma non ci aspettano novità di rilievo rimandando i tassi probabilmente a giugno) dovranno decidere il da farsi anche con un occhio a quello che succede in casa ma guardando anche al mappamondo. Nella speranza che una eventuale ma sempre più probabile ritorno di Trump alla Casa Bianca non faccia andare la situazione completamente fuori controllo.

Di Filippo Ramigni

Filippo Ramigni è un analista e consulente finanziario con una ultra ventennale esperienza sui mercati conseguita principalmente tra Milano e Londra dove ha conseguito la specializzazione sull’analisi tecnica (CFTe). Rientrato in Italia, dal 2014 collabora con GiottoCellinoSim società di consulenza indipendente dove si occupa di analizzare i vari mercati finanziari al fine di individuare delle tendenze che possono poi essere utilizzate sia per la costruzione di portafogli che per attività di tipo speculativo. Dal 2000 è ospite fisso in qualità di esperto finanziario dei principali canali del settore (Bloomberg Tv Italia, Ilsole24oreTv, MilanoFinanza). Attualmente interviene con ottica settimanale sia sulle televisioni finanziarie tematiche come ClassCncb e LeFonti.Tv che su quelle generaliste come TgCom24 e Skytg24 a commentare i principali eventi finanziari Ha pubblicato anche analisi economiche per alcune riviste finanziarie tra cui Bloomberg investimenti. Le sue analisi sono spesso riportate sui siti finanziari italiani come Investing.com Trend-online.com, Etfworld e Yahoo finance oltre che su “CorriereEconomia” inserto economico del Corriere della Sera Inoltre collabora con il Dipartimento di Economia dell’Università di Padova tenendo dei seminari sulle dinamiche dei mercati finanziari e sulle prospettive economiche, oltre a promuovere l’educazione finanziaria e la gestione dell’investimento con riferimento al rischio e alla parte emotiva dell’operatività

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *