Il corposo rally dei mercati azionari e dell’obbligazionario ha preso in contropiede una buona parte degli operatori di fronte ad un netto cambiamento di scenario provocato dal dato in leggero calo dei prezzi al consumo americano. Ma conferma una tendenza che va avanti da mesi anche se una parte preponderante è dovuta anche alla chiusura di posizioni short che hanno a loro volta alimentato in maniera forzosa il rialzo.
I cambiamenti di rotta sono stati una costante nel 2023 partito con il botto proprio nel mese di gennaio a causa di una situazione meno peggiore di quanto prospettato per poi cadere a terra a marzo a seguito del fallimento di alcune banche regionali che avevano richiamato alla mente Lehman Brothers. Per poi riprendersi nella parte finale dell’anno quando si è finalmente capito che il lavoro “sporco” delle banche centrali di rialzo dei tassi era finito.
Lo stesso inizio della guerra in medio oriente ad inizio ottobre aveva mandato in alto il prezzo del petrolio, con paure di avere ripercussioni come nel 1973 con la guerra del Kippur che portò alla prima grande crisi energetica per l’occidente ( e alle domeniche tutti a piedi almeno in Italia). La crisi sfociò poi nel fenomeno dell’iperinflazione che ricorda molto da vicino il periodo attuale, almeno nei sui picchi.
Dall’inizio dell’anno insomma gli investitori festeggiano lo scampato pericolo caratterizzando proprio il 2023 come un anno molto legato al pendolo dell’emotività e che alla fine potrebbe tradursi in buoni risultati. Peccato che in un anno cosi volatile la diversificazione all’interno dei portafogli abbia funzionato poco con pochi temi che hanno registrato performance notevoli (dai titoli tech legati alla intelligenza artificiale al settore bancario in Europa grazie ai cospicui guadagni derivanti dal margine di interesse…).
Il resto è rimasto molto indietro a cominciare dal settore obbligazionario che tenta il recupero al termine di due anni drammatici dovuti proprio all’impennata dei tassi. E alimenta non poco le perplessità degli investitori protetti nei loro investimenti solamente da una gestione molto attiva dei loro patrimoni e senza la rete di protezione normalmente rappresentata dai Bond.
Quindi è bene festeggiare questo anticipato rally di Natale che anche nel 2022 aveva preso il via alla fine di ottobre. Rimangono però ancora numerose incognite per il 2024 sia in termini di tassi che di variabili geopolitiche, strettamente legate dall’andamento del prezzo del petrolio. Sicuramente il mantra “higher for longer” che aveva spaventato i mercati in estate, ha perso vigore nelle ultime settimane aprendo scenari inaspettati ma in presenza di economia americana forte e di una fondamentale tornata elettorale tra meno di 12 mesi la Fed potrebbe sorprendere anche con un ultimo rialzo di 0,25%.
Per l’Europa la situazione è diversa con un forte rallentamento economico conclamato che potrebbe spingere Madame Lagarda a mollare la presa sulla leva dei tassi prima del previsto. Certo la revisione del patto di stabilità non aiuta in tal senso con i governi europei che si concentrano più sulla tenuta delle proprie posizioni in vista delle elezioni del prossimo giugno che non a creare una unione maggiormente unita all’interno di una visione di lungo termine.
Situazione determinata in gran parte dalla perdita di leadership da parte della Germania in grande difficoltà sul piano politico dopo l’era Merkel con cancelliere poco incisivo anche a causa della debolezza della coalizione. Ma anche da quello economico non essendo ancora riuscita a sostituire il gas russo che arriva a prezzi irrisori e dalle difficoltà della Cina primo mercato di sbocco
Settimana entrante caratterizzata dal giorno del ringraziamento (23 novembre) che bloccherà l’America e dal Black Friday che darà il via alla stagione natalizia. Da segnale la pubblicazione della minute della Fed martedi e di alcune trimestrali interessanti sui cui spicca quella di Nvidia mercoledi.