Investire o meglio allocare capitali nel futuro è sempre stata una attività decisamente complessa. Richiede analisi metodo, conoscenza, rigore oltre al fiuto che qualcuno potrebbe declinarla in fortuna. Ma serve pure quella. Come nel caso di essere al posto giusto nel momento giusto. L’importante sarebbe quello di evitare investimenti in base al singolo accadimento ma cercare di valutare il quadro generale. Anche perché le ripetute crisi che abbiamo visto negli ultimi 4 anni si sono rivelate alla fine delle interessanti opportunità per chi non si è fatto prendere dalla tensione/paura e ha approfittato dei ribassi.

Ma dopo un rialzo feroce ed importante come quello visto negli ultimi mesi che ha portato gran parte degli indici azionari su livelli massimi in presenza di rendimenti obbligazioni elevati la situazione si fa complessa. Anche perché la salita visto dallo scorso settembre in poi è stato guidata più da un senso di sollievo che non da un effettivo miglioramento della situazione economica, come dimostrato anche dai valori che rimangono elevati di P/E sul S&P500 rispetto alla media degli ultimi 20 anni che non lo rendono particolarmente a sconto.

Anche il precedente dell’iperinflazione a metà anni ’70, inizio ’80 del secolo scorso, dimostra che i forti shock inflazionistici appesantiscono il clima a tal punto che gli investitori tirano un sospiro di sollievo quando pensano che l’inflazione abbia superato il picco, anche se rimane elevata come stiamo attualmente vedendo.  In situazioni di stress gravi i mercati si concentrano principalmente sui fattori che hanno scatenato la crisi e se l’effetto si attenua il sollievo supera qualsiasi cosa. E’ stato cosi con i prezzi del petrolio negli anni ‘70 e la stessa cosa è accaduta con il calo del prezzo del Gas in Europa dopo che a fine agosto aveva raggiunto i massimi a quasi 350 euro/mwh quando la media degli anni precedenti era inferiore a 30 euro

Ma passato il momento legato allo scampato pericolo la situazione rimane complicata. L’alta inflazione infatti presenta effetti collaterali come alti tassi per mutui e prestiti, aumenti salariali e riduzione dei consumi che impattano direttamente sull’attività economica mentre la trasmissione del calo dei prezzi dell’energia all’economia reale richiede tempo. Con l’aggiunta che la Fed non ha potere nel caso di una inflazione generata dall’offerta come nel caso attuale e come dimostra l’elevato valore del dato “Core” che non tende a diminuire nonostante un rialzo di 400 Bp in soli 12 mesi

E qui ci riporta alla situazione fotografata dai dati macroeconomici attuali. L’inflazione in America è sicuramente in discesa, il mercato del lavoro rimane forte ma tuttavia con i salari reali in calo che non si sono ancora tradotti in una riduzione dei consumi da parte degli investitori, in presenza peraltro di una fiducia sui minimi. E con gli investitori che guardano più al picco dell’inflazione che alle sue conseguenze, rendendo variabile essenziale la rapidità o meno con cui si tornerà ai livelli target prefissati. Una inflazione elevata prolungata avrà infatti conseguenze dirette sui consumi che potrebbero portare gli Stati Uniti in recessione.

Ci troviamo quindi in un quadro in divenire che le prossime trimestrali potrebbero contribuire a chiarire nonostante una attesa caduta degli utili aziendali ma meno marcata delle attese. Mentre sembra essere stata accantonata in maniera fin troppo veloce la crisi bancaria americana che ha avuto come conseguenza lo spostamento di ingenti capitali verso le banche più grandi.

Ma l’ottimismo imperante sul mercato, legato principalmente ad aspettative e desideri, sembra aver già consumato tutte le notizie positive. il mercato spera in un improvviso cambio di rotta della Fed non nella riunione di maggio in cu rimane altamente probabile un rialzo di un quarto di punto, ma dopo l’estate quando si vocifera addirittura di un taglio dei tassi. Dimenticando che le fasi ribassiste sono partite sempre a seguito di tagli dei tassi che certificavano una situazione di debolezza dell’economia. In campo finanziario realizzare le proprie aspettative non sempre produce risultati positivi ma rischia di andare incontro a sonore delusioni

Di Filippo Ramigni

Filippo Ramigni è un analista e consulente finanziario con una ultra ventennale esperienza sui mercati conseguita principalmente tra Milano e Londra dove ha conseguito la specializzazione sull’analisi tecnica (CFTe). Rientrato in Italia, dal 2014 collabora con GiottoCellinoSim società di consulenza indipendente dove si occupa di analizzare i vari mercati finanziari al fine di individuare delle tendenze che possono poi essere utilizzate sia per la costruzione di portafogli che per attività di tipo speculativo. Dal 2000 è ospite fisso in qualità di esperto finanziario dei principali canali del settore (Bloomberg Tv Italia, Ilsole24oreTv, MilanoFinanza). Attualmente interviene con ottica settimanale sia sulle televisioni finanziarie tematiche come ClassCncb e LeFonti.Tv che su quelle generaliste come TgCom24 e Skytg24 a commentare i principali eventi finanziari Ha pubblicato anche analisi economiche per alcune riviste finanziarie tra cui Bloomberg investimenti. Le sue analisi sono spesso riportate sui siti finanziari italiani come Investing.com Trend-online.com, Etfworld e Yahoo finance oltre che su “CorriereEconomia” inserto economico del Corriere della Sera Inoltre collabora con il Dipartimento di Economia dell’Università di Padova tenendo dei seminari sulle dinamiche dei mercati finanziari e sulle prospettive economiche, oltre a promuovere l’educazione finanziaria e la gestione dell’investimento con riferimento al rischio e alla parte emotiva dell’operatività

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