“La storia si ripete sempre due volte, la prima come tragedia, la seconda come farsa” diceva Karl Marx ancora a metà del 1800, anche se in realtà si riferiva ai personaggi e fatti di Hagel che nelle sue opere comparivano sempre due volte. La ripetizione della storia è ciò che sta accedendo adesso sui mercati finanziari con il comparto bancario, europeo e americano, nuovamente sotto pressione come visto nel bienno 2007-2008. La bancarotta della britannica Northen Rock diede il via allo tsunami che portò un anno dopo al fallimento di Lehman Brothers e quasi al collasso dell’ intero sistema finanziario globale. Costringendo le banche centrali ad intervenire e spingendo al ribasso i tassi di interesse per consentire una liquidità abbondante al sistema
Dopo quindici anni ci risiamo con due banche americane la Silicon Valley Bank (SVB) e First Republic bank assieme al colosso Credit Suisse in Europa che necessitano di salvataggi o garanzie pubblici per evitare un tracollo che trascinerebbe assieme anche gli altri istituti finanziari con un effetto contagio proprio perché l’attività bancaria è basata sulla fiducia e garanzia
Pur in presenza di una analogia con i due accadimenti, una delle affermazioni classiche che si sentono in queste occasioni è “questa volta è diverso” che normalmente è un segnale di non aver compreso a pieno la situazione. Certo che la situazione è diversa rispetto al 2008 quando il sottostante su cui si poggiavano gran parte degli investimenti erano i famosi mutui subprime, ciòè prestiti dati a cattivi debitori che venivano poi inseriti in prodotti più complessi. Mentre nel caso attuale la crisi è derivante dalla perdita di valore del prodotto più solido al mondo cioè il titolo di stato americano il Treasury causata da un innalzamento molto rapido dei tassi da parte della Fed di ben di 450 punti base negli ultimi 12 mesi che non si vedeva da 40 anni.
Il problema di tutta questa vicenda sta appunto nel 2008 quando Ben Bernanke, che aveva fatto la sua tesi di laurea sul crollo della borsa del 1929, decise in primis di inserire una fortissima liquidità monetaria nel sistema (ll famigerato “helicopter money”) e successivamente di salvare le altre banche dopo il fallimento di Lehman, che non era l’unica alle prese con i buchi di bilancio. E ovviamente getta qualche interrogativo sul destino di Lehman Brothers
La crisi attuale parte proprio di qui, dal settembre del 2008. Ovviamente la paura di collasso dell’intero sistema finanziario portò ad un cambiamento di ruolo da parte della Fed che da arbitro del sistema divenne un giocatore pronto a sostenere i mercati finanziari creando le condizioni per una sopravalutazione degli assett finanziari, con una ulteriore spinta in occasione della pandemia del 2019/20. Facile a dirsi con il senno di poi ma probabilmente il fallimento di altre banche avrebbe consentito un pulizia del sistema finanziario che sarebbe ripartito su altre basi più solide mentre solo un anno dopo nel 2009 le banche avevano ripreso a fare utili nella stessa maniera.
La stessa forte immissione di liquidità ha ulteriormente rafforzato il fenomeno della “finanziarizzazione dell’economia” in atto dagli anni 70 che assieme alla globalizzazione hanno provato a ridisegnare l’economia globale. L’idea era portare benessere e ricchezza anche in altre aree del mondo proprio tramite la globalizzazione e tecnologia al fine di aumentare il numero di consumatori globali, con l’esempio molto eloquente rappresentato da Apple che da prodotto di nicchia americano è diventato uno dei marchi più noti al mondo. La penetrazione di una economia capitalistica si è però scontrata anche la presenza di tradizioni di governo e soprattutto religiose che avrebbero perso potere da un cambiamento cosi radicale e materialistico della società. Ed è in questo contesto di identità e religione che si può interpretare la mossa di Putin di invadere l’Ucraina, non più solo come reazione ad un allargamento della Nato ma anche per contrastare un modello economico occidentale che minava l’identità russa, in particolare quella legata alla religione ortodossa.
Per la Fed i nodi vengono ora al pettine. La principale istituzione monetaria americana deve far capire se finalmente ha ripreso il ruolo di guida che aveva prima della crisi dei mutui subprime. E cosi facendo continuare ad alzare i tassi di interesse allo scopo di portare l’economia in recessione, unico metodo per abbassare una inflazione resistente in presenza di un mercato del lavoro forte. Altrimenti un alleggerimento della linea del rigore nel mezzo dell’ennesima crisi finanziaria fornirà un chiaro segnale ai mercati che la Fed non è in grado (o non vuole) di uscire dal suo ruolo di sostegno grazie alla stampa di moneta e all’indebitamento perenne. Creando nel breve le condizioni per un altro rally dei mercati, nel lungo di una bolla del credito ancora più grande.