Quando un elemento esterno cambia le carte in tavola. Il ribasso degli occupati americani molto al di sotto delle aspettative ha aperto uno squarcio nella cortina di negatività in cui erano precipitati gli investitori dopo lo scoppiettante inizio d’estate. Il mantra “higher for longer” accompagnato una robusta salita dei rendimenti a fronte di una economia americana solida, aveva infatti colpo in contropiede e depresso i mercati che già vedevano all’orizzonte la possibilità di un taglio dei tassi ad inizio 2024.
Il forte rialzo dei listini azionari, la miglior settimana dallo scorso marzo, ha celebrato un taglio dei tassi come dimostrato dal sensibile calo dei rendimenti sui titoli obbligazionari, taglio non ancora ufficiale ma di fatto gia presente. Evidenziando ancora una volta l’emotività di un mercato alla ricerca di punti di riferimento che si traduce in un aumento della volatilità in un contesto in cui la liquidità rimane abbondante
La tenuta dell’economia dimostrata dal buon andamento delle trimestrali e da un raffreddamento del mercato del lavoro, peraltro sui livelli minimi storici, riabilita anche il lavoro di Jerome Powell. Dopo l’improvvida uscita del dicembre 2021 di una inflazione “transitoria” che ha fatto registrare un picco che non si vedeva da oltre 40 anni, il presidente della Fed è riuscito a rimettere la situazione in carreggiata evitando, almeno per il momento, la recessione più attesa della storia. Vestendo gli scomodi panni del “poliziotto cattivo” per contrastare l’impatto della forte lava fiscale indotta dall’amministrazione Biden a sua volta nel ruolo politico di “poliziotto buono” cioè di distributore di risorse.
Certo è presto per cantare vittoria ed è più che probabile assistere ad un rallentamento economico nel primo trimestre del prossimo anno data la mole di rialzi consecutivi per recuperare il terreno perduto visti negli ultimi 18 mesi che necessariamente impatteranno il contesto economico. Ma, al netto di problematiche geopolitiche per il momento accantonate dai mercati, la frenata si annuncia lieve, attraverso un “soft landing” lungamente ricercato. E permette al fantasma di Paul Volcker, governatore della Fed nell’ultimo periodo di iperinflazione a cavallo tra gli anni 70 e 80 costretto a continui stop and go di politica monetaria, di dormire sonni tranquilli.
Le prospettive per gli ultimi due mesi dell’anno si preannunciano interessanti in termini positivi proprio grazie alle trimestrali sopra le attese che mostrano una capacità delle società americane di gestire in maniera efficiente i processi aziendali in un contesto decisamente complicato. A questo si aggiunge il fatto che la Fed difficilmente toccherà i tassi che solo 15 gg fa incorporavano possibilità di incremento. Un aumento di circa 0,25% rimane tuttavia sullo sfondo ad inizio 2024, anno elettorale, consentendo poi all’autorità monetaria un maggiore margine di manovra riguardo a futuri tagli nel corso dell’anno.
La settimana risulta povera di dati macroeconomici americani tranne la fiducia dei consumatori dell’ Università del Michigan venerdi ma comunque ricca di interventi da parte di Powell ed altri esponenti della Fed. Da guardare con attenzione anche i dati sulle Pmi in Europa lunedi ed il Cpi tedesco mercoledi mentre giovedi sarà il turno di Ppi e Cpi della Cina, il grande punto interrogativo per il 2024. Per finire attenzione alla riunione della Bank of Australia martedi e alla fine delle trimestrali con colossi come Walt Disney Uber e Berkshire Hathaway. Iniziano invece le trimestrali in Italia con metà delle società del Ftsemib attese a rilasciare i propri conti in questa ottava.